Quando ero ragazzo, mio padre mi diceva: “prima si lavora, e poi, se avanza tempo, si lavora ancora”.
Ci tengo all’evoluzione. Penso che far evolvere le tradizioni sia il modo più efficace e sensato per tenere insieme radici e futuro. Penso alla sostenibilità: dire “biologico” è più facile che praticarlo davvero. Io lo faccio, il biologico, e costa una certa fatica. Perché funziona a step, a passi successivi. Ma ne vale la pena. Mi ricordo ancora gli odori e i nomi dei prodotti usati tanti anni fa. Certi odori sapevano di terra e di natura e questo va bene: oggi con il biologico siamo riusciti a farli tornare. Ma altri… meglio dimenticarli insieme ai prodotti , e per fortuna nelle mie vigne non ci sono. Il vino, in un certo periodo qui in Friuli, come un po’ dovunque, si pensava a farne tanto, si usavano prodotti per raggiungere quel tipo di risultato, ma e la terra ne ha sofferto. Ora bisogna domandarsi: quanto abbiamo dovuto lavorare poi, per “ritornare indietro” andando avanti però nella direzione giusta? Il bio è più faticoso: non devi avere fretta.
La fretta, per la gente di qui, un tempo era un lusso. La pazienza era la prassi: nascevi povero e restavi povero dopo aver lavorato una vita. Ora l’obiettivo è soltanto la qualità. Non certo la quantità. Quella la lasciamo a chi continua ad adottare altre pratiche. Non ci interessano.
Non credo di avere scelta se voglio lasciare a questa terra il futuro che merita. Ma la fatica è un esercizio che ho praticato fin da piccolo: qui in famiglia, quando ero ragazzo, mi sentivo dire: “prima si lavora, e poi, se avanza tempo, si lavora ancora”. Me lo diceva mio padre, te lo dicevano i grandi ridendo, ma mica tanto. Erano altri tempi. È così che andava ed è così che mi hanno cresciuto. Ma mi sta bene. Cerco di dirlo in modo più morbido e accettabile anche ai miei figli. Perché penso sia una grande lezione di umiltà e di impegno.
Marco - “Fare vini è istinto, radici, terra e tempo. Ma soprattutto testa.”
Il mio percorso qui è cominciato con l’università e gli amici, e il fatto di guardare all’azienda in casa come a un vero valore è venuto dopo. È arrivato maturando ed è una consapevolezza che cresce con me e si evolve. Dopo il liceo mi sono iscritto ad Agraria: volevo vedere se poteva piacermi questo lavoro, ma volevo anche sentirmi preparato ad affrontarlo. Insomma, stare qui, e contribuire a far crescere ancora l’azienda.
Cosa mi piace? Sicuramente il contatto con le persone: forse questo fa parte anche del DNA di famiglia. Le persone sono tutte diverse, un po’ come i grappoli: “ogni vite, una vita”. Meglio non generalizzare, ma cercare di conoscere e capire. Avere a che fare con la natura ti rende sensibile e attento. Un esempio semplice: un germoglio che non cresce bene può avere bisogno di più cure; un altro è più forte e “cammina” da solo. Non puoi applicare regole troppo generali oppure a tappeto: meno che mai qui da noi, dove facciamo agricoltura biologica, tuteliamo l’ecosistema e la biodiversità, e monitoriamo il territorio. Noi siamo chimica, e anche fisica. Siamo processi in essere, e non ce ne rendiamo conto. Quindi la chimica che ho studiato non la intendo in termini negativi: è un tratto fondamentale della natura. La mia formazione mi ha aiutato ad analizzare le cose senza paraocchi. Il mio primo vino “ispiratore”, all’inizio è stato il Sauvignon, così “cromatico”… Ora sono concentrato sul Pinot Bianco, che mi colpisce per la sua eleganza. Affinare queste sensibilità è fondamentale per valutare quello che stai producendo. Fare vini è un mestiere antico e innovativo allo stesso tempo, e nelle migliori espressioni diventa un’arte. È istinto, radici, terra e tempo. Ma soprattutto testa.
Cosa mi piace? Sicuramente il contatto con le persone: forse questo fa parte anche del DNA di famiglia. Le persone sono tutte diverse, un po’ come i grappoli: “ogni vite, una vita”. Meglio non generalizzare, ma cercare di conoscere e capire. Avere a che fare con la natura ti rende sensibile e attento. Un esempio semplice: un germoglio che non cresce bene può avere bisogno di più cure; un altro è più forte e “cammina” da solo. Non puoi applicare regole troppo generali oppure a tappeto: meno che mai qui da noi, dove facciamo agricoltura biologica, tuteliamo l’ecosistema e la biodiversità, e monitoriamo il territorio. Noi siamo chimica, e anche fisica. Siamo processi in essere, e non ce ne rendiamo conto. Quindi la chimica che ho studiato non la intendo in termini negativi: è un tratto fondamentale della natura. La mia formazione mi ha aiutato ad analizzare le cose senza paraocchi. Il mio primo vino “ispiratore”, all’inizio è stato il Sauvignon, così “cromatico”… Ora sono concentrato sul Pinot Bianco, che mi colpisce per la sua eleganza. Affinare queste sensibilità è fondamentale per valutare quello che stai producendo. Fare vini è un mestiere antico e innovativo allo stesso tempo, e nelle migliori espressioni diventa un’arte. È istinto, radici, terra e tempo. Ma soprattutto testa.
Margherita - “Sono una persona attenta ai dettagli. Qui curiamo le cose.”
La mia formazione universitaria è stata in Business Management and Administration. In poche parole: razionalità, controllo dei processi e delle risorse per la gestione. E l’ho scoperto dopo, trascorrendo il mio gap year in azienda, che questo sarebbe stato il mondo in cui avrei voluto lavorare. Partecipare a fiere ed eventi del vino mi ha fatto capire di essere interessata al rapporto con le persone del settore in cui mi trovo: la relazione che si stabilisce con gli interlocutori commerciali, lo scambio di esperienze, pareri ed informazioni diventa formativo e ti arricchisce, aprendo ancora meglio la tua visione. Pochi mesi dopo mi ritrovo catapultata in Borgogna, quel luogo magico in cui il vino lo vedi e respiri ovunque: impossibile non venirne travolti ed innamorarsene ancor di più. Tanti assaggi, nuove conoscenze, punti di vista e approcci diversi: è stato come mettere assieme i pezzi di un puzzle. Quello del vino è un mondo grande ma piccolo allo stesso tempo, inestricabilmente legato al concetto di terroir. E dunque diverso, ma che ovunque parla di cultura di territorio. Mi interessa che la nostra visione esca “vera” e aderente a quello che siamo, e mi piacerebbe comunicare sempre meglio la nostra realtà e come ragioniamo. Ma soprattutto dove stiamo andando, perché siamo sempre in viaggio verso qualcosa.